La lingua riflette il modo di pensare di chi parla, rimanda al modo di immaginare il mondo e di vedere le cose. Spesso, la lingua di un popolo ci rivela molto del modo di vivere di quelle persone, delle loro abitudini, dell’ambiente che le circonda. Un esempio: nel Regno Unito esistono più di 10 modi diversi di indicare la pioggia!
In tutte le lingue esistono parole che indicano situazioni, aspetti o fenomeni tipici di quella cultura, che è difficile, se non impossibile, tradurre in un’altra lingua in maniera perfetta. Si può trovare una perifrasi o una definizione che si avvicina, ma qualcosa rimarrà come sospeso…
Vi proponiamo qualche esempio di queste parole “intraducibili” che appartengono solamente a determinate culture:
- Schadenfreude (tedesco): questo termine descrive il piacere che si prova nel vedere le disgrazie o il fallimento degli altri. In italiano, non esiste una parola che riassuma completamente questo concetto, quindi si potrebbe dire “piacere nel vedere la sfortuna altrui”, ma non sarebbe la stessa cosa!
- Kintsugi (giapponese): questa parola descrive l’arte giapponese di riparare ceramiche rotte con oro o argento, trasformando la rottura in una parte visibile della bellezza dell’oggetto. Non c’è una parola italiana che possa esprimere completamente questo concetto estetico e filosofico.
- Sobremesa (spagnolo): questo termine si riferisce al tempo che si trascorre a tavola dopo un pasto, conversando e godendo della compagnia, senza fretta di alzarsi. In italiano, potremmo parlare di “chiacchiere dopo il pranzo” o “dolce far niente”, ma non esiste un termine unico che esprima questa usanza sociale.
- Tingo (pascuense, lingua dell’isola di Pasqua): indica l’azione di prendere in prestito oggetti da un amico uno dopo l’altro, fino a quando non rimane più nulla. In italiano non c’è una parola che descriva esattamente questo comportamento.
- Meraki (greco): significa fare qualcosa con passione, con amore e con tutto il cuore, mettendo una parte di sé stessi nell’opera. Anche se in italiano possiamo usare espressioni come “fare con passione” o “mettere il cuore”, non c’è una parola singola che raccolga tutte le sfumature di “meraki”.
- Lagom (svedese): si riferisce al concetto di “giusto equilibrio”, né troppo, né troppo poco, ma sempre nella misura perfetta. In italiano, per esprimere questo concetto si potrebbe parlare di “moderazione” o “equilibrio”, ma “lagom” racchiude una visione culturale più profonda di equilibrio ideale.
- Fernweh(tedesco): indica il desiderio di viaggiare, di esplorare posti lontani, un “mal di lontananza”, in contrapposizione alla nostalgia di casa (Heimweh). In italiano potremmo usare “nostalgia dei viaggi” o “desiderio di esplorare”, ma non c’è una parola unica per descrivere quel sentimento specifico.
- Wabi-sabi (giapponese): si riferisce alla bellezza che si trova nell’imperfezione e nella transitorietà delle cose. È il concetto estetico che celebra la bellezza nei dettagli imperfetti e nelle cicatrici del tempo. In italiano, non c’è una parola che raccolga questa filosofia, quindi potremmo tradurlo come “bellezza imperfetta”, ma non rende appieno il significato profondo.
- Yūgen (giapponese): indica una sensazione profonda e misteriosa di bellezza che va oltre le parole, una sorta di stupore che si prova di fronte alla vastità dell’universo. Non esiste un termine equivalente in italiano che racchiuda questa sensazione di bellezza ineffabile e misteriosa.
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